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La Storia dell'Hotel
Antico Palazzo Rospigliosi

Hotel Rione Monti - Roma

L’Hotel Antico Palazzo Rospigliosi si trova nel cuore di Piazza Santa Maria Maggiore, oggi Piazza dell’Esquilino e affonda le proprie radici nel lontano 1590 – anno in cui venne costruito – e nei Rospigliosi, una delle prime famiglie della nobiltà romana. Sapore di antico, secoli di storia, arte, pittura, poesia e musica si respirano in ogni angolo dell'albergo.

L’Hotel Antico Palazzo Rospigliosi ha scelto di restare all’altezza della sua storia, intrisa di cultura e religione e di diventare il luogo dove, ancora oggi, si avverte la presenza di certi avvenimenti e certe personalità. Impronte e tracce di volti, libri d’arte, busti che ritraggono illustre personalità dell’epoca e altezze imperiali, sono una preziosa testimonianza che lascia intatto l’incanto dell’antico e sollecita a misurarsi con l’atmosfera di eventi che non abbiamo vissuto, ma soltanto potuto immaginare dopo averne ripercorso la storia. Il palazzo, edificato nel periodo successivo al pontificato di Papa Sisto V (1585-90), fa da quinta alla Piazza di Santa Maria Maggiore, creazione dello stesso Papa Sisto V, il quale trasformò Roma anticipando l’urbanistica del XVII sec, come testimoniano i lunghi viali e le piazze stellari (Piazza S. Maria Maggiore e Piazza del Popolo prima dell’intervento del Valadier) dei dintorni.

L'Antico Palazzo Rospigliosi è un patrimonio culturale della nostra città e un’eredità preziosa. Capire che cosa è avvenuto in questo storico palazzo significa, in qualche modo, viverlo e noi abbiamo ripercorso il passato per conciliarlo con il presente.

Il palazzo, appartenuto nel Seicento a Monsignor Giovanni Giustino Ciampini, nota figura di erudito romano del Seicento e pioniere dell’archeologia cristiana, passò successivamente ai Rospigliosi, principi di Castiglione e da questi, nel Settecento, al Marchese Francesco Maria Imperiali Lercaro, che lo adibì a casa dei missionari Apostolici.

Ciampini lo acquistò nella seconda metà del Seicento dalla famiglia Vaini per 6000 scudi. Lo studioso romano raccolse, qui, un vero e proprio museo di strumenti scientifici e di antichità. Molte delle quali passarono poi nella raccolta del cardinale Alessandro Albani. Ciampini fondò qui anche il "Giornale de’ Letterati", prima pubblicazione italiana del genere e terza assoluta dopo il Journal des Scavants di Parigi e le Philosophical Transactions di Londra. Partecipò con l’abate Nazzari alla redazione del primo "Giornale de’ Letterati" , apparso nel 1668 e stampato a Roma da Tinassi. La pubblicazione continuò fino al 1681, dopodiché fu affidata a Francesco Vettori.

Attorno al palazzo ruotarono, all’epoca, tutta una serie di attività culturali e il desiderio di Ciampini fu quello di trasformare il palazzo in un’accademia letteraria e scientifica, come emerse nel suo testamento, datato1694.
Lo stabile, in seguito, passò alla famiglia dei Rospigliosi.
Camillo, figlio di Giovan Battista Rospigliosi (1646-1722) e di Camilla Pallavicini, amava molto il palazzo e vi ci abitò. Giovan Battista era figlio di Camillo Rospigliosi (fratello del Papa) e di Lucrezia Cellesi, e Camillo il giovane era nipote di Papa Clemente IX e del primo Camillo Rospigliosi.

Principe del Sacro Romano Impero, Camillo il giovane, alla morte del padre divenne duca di Zagarolo e visse fastosamente tra il palazzo di via Liberiana, sua dimora preferita e le proprietà di Maccarese e Zagarolo; Storia e vicende della casa monumentale furono ritratte dagli artisti dell’epoca e a noi tramandate; il principe si era circondato di artisti quali il Reder, e, tra i più noti, Masucci, Giovanni Bottani e Paolo Monaldi, ai quali fece dipingere alcuni episodi della sua vita e degli splendidi "barber" della razza di Zagarolo che, puntualmente, partecipavano alle corse di Roma e dintorni.

Nel Museo di Roma, sono conservati due dipinti di Giovanni Reder provenienti dalla collezione Rospigliosi e rappresentanti due feste date dal principe Camillo nel suo palazzo. Un quadro del 1748 ritrae Palazzo Rospigliosi a Santa Maria Maggiore, in occasione della festa data dal principe Camillo per la vittoria riportata sul barbaro Folletto. Nello stesso museo è conservato un altro dipinto, di Agostino Masucci, che ritrae Camillo Rospigliosi, principe del Sacro Romano Impero, a cavallo.

Un altro dipinto di Reder ritrae il giardino del nostro palazzo in occasione della festa delle mozzatore, festa che rendeva omaggio alla fine della vendemmia e al ritorno dai campi delle vendemmiatrici. Più volte, i quadri conservati nel Museo di Roma, lo rappresentano sul suo cavallo bianco in uno sfondo di campagna o a Maccarese in occasione della festa di San Giorgio o tra gli invitati ad assistere alla marcia dei bufali o alla Magliana, altra sua proprietà presso Roma, o nel momento in cui giungeva a palazzo paterno al Quirinale.

I Rospigliosi erano originari di Milano, da dove si erano mossi nel XII sec. per sfuggire alle persecuzioni di Federico Barbarossa e stabilirsi in Toscana. Nel primo quarto del XIV secolo avviarono attività agricole, commerciali e industriali, divennero proprietari di abitazioni e laboratori e furono proprio queste attività a dar loro fama, prestigio e ricchezza. Furono investiti di cariche pubbliche a Pistoia, ottennero ruoli di spicco, come il comando delle armi pontificie con Papa Martino V e poi con Paolo III, furono insigniti, già dai primi anni del XII secolo di titoli nobiliari e più tardi accolti tra i Cavalieri dell’Ordine di Malta. Ma ancora, fino a tutta la metà del secolo XVIII, la famiglia continuò a produrre e a commerciare la lana, a lavorare la terra e a trarre da tali attività ricchezza e prosperità. Ma il fatto che dischiuse prospettive di successo e di grandezza venne dalla scelta vincente della chiesa di Roma di eleggere, nell’anno 1667, nella persona di Giulio Rospigliosi – personaggio colto e raffinato, figlio di Girolamo e Maria Caterina Rospiglios- Papa Clemente IX. Il suo pontificato durò poco, soltanto due anni (1667-1669), compromesso, fra l’altro, dai disagi di una salute cagionevole e precaria. La sua fama non è tanto legata al pontificato quanto alla sua attività di librettista che lo elesse il migliore, il più grande protagonista dei fasti del melodramma e dell’Oratorio romano del Seicento, avendo contribuito in modo decisivo a determinarne i gusti e gli orientamenti. Vari sono i dipinti che ritraggono Papa Clemente IX: un ritratto di Pietro da Cortona, (collezione privata in Gran Bretagna), un altro ritratto di Maratti, presso la Pinacoteca Vaticana; un’altra ancora di Gaulli, presso la Galleria Nazionale d’Arte Antica.

Le sue opere godettero di una grande fama e la trentennale attività del teatro di Palazzo Barberini (tra i più fastosi d’Europa) è dominata quasi per intero dalla personalità del Rospigliosi; autore dei testi di molteplici rappresentazioni (sacre e profane) quasi tutte messe in scena. Nel nuovo grandioso Palazzo Barberini alle Quattro Fontane i Barberini inaugurarono la stagione operistica mettendo in scena, l’8 marzo 1631, il Sant’Alessio, libretto di Giulio Rospigliosi, musica di Stefano Landi. Con quest’opera si rappresentava per la prima volta un suo melodramma e la sede fu prima Palazzo Barberini e poi il palazzo all’Esquilino. Il dramma sacro rospigliosiano ebbe un grande successo di pubblico e di critica e fu replicato più volte. Applauditissimo, il dramma narrava le vicende del nobile romano Alessio che, di ritorno da un pellegrinaggio in terra santa, rinuncia ai privilegi della sua condizione sociale e al conforto stesso degli affetti familiari e si riduce, irriconoscibile pezzente, a vivere, deriso ed oltraggiato, sotto le scale della sua ricca abitazione.

In questo e in altri periodi, il palazzo fu considerato un polo di attrazione culturale, memorabile per i melodrammi rappresentati, impreziositi da una serie di eventi, quali la replica dell’Egisto o, nel 1637, Chi soffre speri, considerata la prima commedia musicale e in assoluto uno dei più alti risultati della poesia per la musica italiana, accresciuta e perfezionata con scene di Gian Lorenzo Bernini che stupirono i contemporanei. La novità più clamorosa fu l’introduzione delle maschere di Zanni e Coviello, che portarono sulle aristocratiche scene di un teatro di palazzo il saporoso dialetto e le burattinesche movenze della commedia dell’arte, oltreché tradurre il motivo della signorile e generosa povertà del protagonista nell’eterna commedia della fame e del bisogno."L’Egisto", replicato all’Esquilino, fece scalpore, si trattò di una stilizzazione di altissima maestria poetica.

Nel 1643 fu rappresentato il "Sant’Eustachio", nel 1654 "Dal Male al Bene" che inagurò il ciclo spagnolo del teatro rospigliosiano. Nel 1656 Rospigliosi fu protagonista del "Carnevale della Regina " cioè dei festeggiamenti in onore di Cristina di Svezia con le rappresentazioni della "Vita Umana", "le Armi e gli Amori" e di nuovo "Dal male il bene". Dalla carriera ecclesiastica di Giulio trasse beneficio la sua famiglia, suo fratello Camillo, i suoi nipoti, fatti venire a Roma nell’estate del1667, tutti posti a capo di uffici importanti. Un altro grande merito di Giulio Rospigliosi è quello di aver contribuito in modo significativo alla fortuna, in Italia, del grande teatro spagnolo del siglo de oro, da lui conosciuto e apprezzato in particolare durante la sua nunziatura in Spagna. Nel 1669, nella notte fra il 25 e il 26 ottobre il papa subì un attacco apoplettico dal quale sembrò riprendersi rapidamente ma nella notte fra il 28 e il 29 novembre subentrò un nuovo attacco e il 9 dicembre sopraggiunse la morte. Il papa fu sepolto a Santa Maria Maggiore e nel 1671 la sua tomba fu onorata da un monumento di Rainaldi.

Nel 1769 il palazzo viene acquistato, per 4000 scudi, dal marchese Francesco Maria Imperiali Lercaro per farne la sede dei Missionari Apolostici e sebbene abbia subito pesanti alterazioni nel corso del XIX secolo per mano dell’architetto Francesco Azzurri, esso ancora mantiene qualche ambiente originale. Nel soffitto che sovrasta l’attuale ricevimento dell’Hotel, spicca l’immagine di un’aquila, simbolo dell’Impero degli Asburgo. Fu commissionata proprio dal marchese Lercaro.

Dal 1769 in poi, per circa due secoli, l’Istituto religioso (Il Collegio dei Sacerdoti Missionari del titolo di Maria Santissima delle Grazie) ha svolto ininterrottamente la sua attività con le missioni, con ritiri per giovani ed adulti, con la preparazione dei bambini alla prima Comunione. Nel 1770 divenne sede dell’Istituto degli Esercizi Spirituali, fondato dal cardinale Vitaliano Borromeo. Nello stesso anno si ebbe la prima approvazione canonica dell’opera "Imperiali" e la fusione della stessa con altre due Opere esistenti a Roma, e cioé l’Opera degli esercizi per la prima Comunione, istituita dal sac. Giuseppe Dal Pino, prefetto dell’Oratorio del caravita, nel 1774, e resa economicamente stabile dal Card. Vitaliano Borromeo e l’Opera degli Oratori notturni, fondata dal Card. Leonardo Antonelli nel 1794.Le due opere vennero affidate ai Missionari Imperiali, in quel periodo di lusinghiera ripresa, e presero il nome di "Istituto Imperiali Borromeo Antonelli" che il popolo chiamò con il breve termino di "Cappellette di San Luigi" a ricordo dell’origine dell’Opera Pia dei comunicandi.

Nei 25 anni che seguirono, le attività delle tre opere si svolsero in comune e con alterna intensità. In seguito, essendo insorte alcune divergenze riguardo agli Oratori Notturni, nel1847 il patrimonio e l’amministrazione dell’Opera Antonelli vennero separati e, restituiti alla loro autonomia, furono affidati ai preti di S.Maria della Pace. Da questo momento i missionari imperiali si chiamarono "Imperiali – Borromeo".

I missionari Imperiali, fedeli alla predicazione delle Missioni Popolari e dei corsi di Esercizi spirituali in linea con i principi, lo spirito e le direttive del fondatore, hanno parallelamente curato, incrementandola, l’Opera delle Prime Comunioni fino a creare una metodica che è servita da modello per oltre un secolo a quanti si sono dedicati a questo settore di attività spirituale particolarmente delicata.
Per i fanciulli romani dell’Ottocento e della prima metà del Novecento, "andare alle Cappellette" costituiva una circostanza particolarmente desiderata.

Era un’esperienza molto attesa: per i più era l’occasione in cui, per la prima volta, si allontanavano dalla propria casa, restando per otto giorni- in seguito ridotti a quattro – lontani dalla propria famiglia, per vivere in un piccolo mondo tutto loro, ricco di quelle suggestioni che i missionari offrivano loro.
Fra questi fanciulli riceveva la Prima Comunione, nel lontano 1886, Eugenio Pacelli: il futuro Papa Pio XII.
Percorrendo le cronache delle Missioni "Imperial" ci si imbatte in figure di missionari veramente straordinarie: Gaetano Giannini che predicò le Missioni per quasi mezzo secolo, Giovanni Battista Fioravanti, San Giovanni Battista De Rossi e più vicini a noi: Giuseppe Mori, Salvatore Langeli, Giuseppe Rinaldi e infine Pirro Scavizzi. Dopo il 1870 l’edificio subì una radicale trasformazione all’esterno, quando fu sistemata la zona intorno a Santa Maria Maggiore, secondo un piano approvato dal Consiglio Comunale nel 1871.
Nel 1875 il piano stradale di Via Liberiana fu abbassato di circa quattro metri e l’architetto Azzurri (1831-1901), ristrutturò l’edificio, trasformando il seicentesco portale d’ingresso in finestra balconata.

All’interno dell’Hotel niente è lasciato al caso, ogni spazio è accuratamente ed elegantemente curato. L’Hotel dispone di 39 camere, tutte finemente arredate con gusto ed eleganza, al loro interno aria condizionata, tv satellitare con schermo al plasma, DVD, minibar, cassaforte. Un chiostro giardino interno con al centro una fontana di pregevole valore, una meravigliosa chiesa del ‘600 perfettamente conservata ed un ampio parcheggio completano la proprietà. A disposizione dei clienti inoltre, è stata realizzata una modernissima sala cinema dotata delle più sofisticate tecnologie audio-video. Relais Antico Palazzo Rospigliosi, un’esperienza unica che renderà indimenticabile il Vostro soggiorno romano.

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